Il ruolo del virus Epstein Barr nella sclerosi multipla

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXII – 15 marzo 2025.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La sclerosi multipla è attualmente la più comune causa di disabilità non traumatica fra i giovani adulti e, sebbene la sua natura di patologia infiammatoria, autoimmune, demielinizzante e degenerativa con una imprescindibile componente genetica sia nota e definita da lungo tempo, molti aspetti dell’eziopatogenesi richiedono ancora di essere chiariti. Nonostante i significativi passi in avanti compiuti dagli studi genetici e un certo miglioramento di efficacia delle terapie, siamo ancora lontani dall’aver compreso come prevenirne lo sviluppo e come ottenere una guarigione completa e definitiva, almeno delle forme nella cui eziologia i fattori genetici giocano un ruolo di minore entità.

Attualmente la ricerca continua ad essere focalizzata principalmente sulla natura di disturbo autoimmune demielinizzante: per la parte adattativa del sistema immunitario, linfociti B e T attivati in modo aberrante, e per la parte innata del sistema immunitario, macrofagi attivati attaccano le guaine mieliniche dei cilindrassi del sistema nervoso centrale; la demielinizzazione prodotta è seguita da morte neuronica e attivazione diffusa di cellule gliali. Sappiamo che fin dai primi studi sull’eziopatogenesi molecolare della sclerosi multipla è stato ipotizzato un ruolo del virus di Epstein-Barr (EBV), e attualmente l’infezione da EBV è considerata un prerequisito per lo sviluppo della patologia demielinizzante[1]. Ma il motivo per cui il ruolo eziologico di EBV è stato trascurato per qualche decennio è che solo una piccola percentuale di persone che hanno contratto l’infezione da EBV sviluppano sclerosi multipla; dunque, l’interesse sperimentale è stato maggiormente attratto dal ruolo concorrente di vari fattori genetici e ambientali implicati nell’avvio della patogenesi . D’altra parte, l’EBV non è l’unico microrganismo implicato, e l’agente eziologico della mononucleosi infettiva (IM) ha sicuramente un ruolo. In chiave epidemiologica, sono considerati “fattori di rischio” indipendenti, la IM sintomatica e un alto titolo di anticorpi sierici contro l’antigene nucleare 1 di EBV (EBNA1). Tra gli altri fattori di rischio, vi sono i livelli bassi di vitamina D, il fumo e acclarati geni di rischio, incluso l’allele di classe II dell’HLA, HLA-DRB1*15:01, da molti considerato il più significativo gene di rischio.

La maggior parte dei fattori ambientali, incluso lo stile di vita, interagisce con i geni dell’HLA ritenuti fattori genetici di rischio per la sclerosi multipla. Considerato che i geni HLA di classe II regolano le cellule T CD4+, l’interazione con tali geni suggerisce meccanismi di fattori ambientali agenti attraverso l’immunità adattativa, proprio come i geni di rischio della sclerosi multipla. A un livello molecolare, il collegamento tra EBV e sclerosi multipla non è completamente definito.

Neda Sattarnezhad e colleghi coordinati da Tobias V. Lanz hanno dimostrato di recente che le risposte anticorpali contro la proteina virale EBV antigene nucleare 1 (EBNA1) cross-reagiscono con le proteine cerebrali di pazienti affetti da sclerosi multipla e contribuiscono alla malattia. Ora, i ricercatori hanno condotto un nuovo studio in cui confermano, in un ampio campione di pazienti di sclerosi multipla e volontari sani fungenti da controllo, che la presenza di questi anticorpi aumenta il rischio della malattia demielinizzante, e correlano questi anticorpi con il fattore di maggior rischio genetico di sclerosi multipla. Sattarnezhad e colleghi dimostrano che una combinazione multipla di anticorpi e fattori di rischio genetico accresce in modo addizionale la probabilità di sviluppare la malattia clinica.

(Sattarnezhad N. et al., Antibody reactivity against EBNA1 and GlialCAM differentiates multiple sclerosis patients from healthy controls. Proceedings of the National Academy of Sciences USA 122 (11): e2424986122, March 18, 2025 – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.2424986122, 2025).

La provenienza degli autori è la seguente: Division of Immunology and Rheumatology, Department of Medicine, Stanford University School of Medicine, Stanford, CA (USA); Department of Neurology, Veterans Affairs Palo Alto Health Care System, Palo Alto, CA (USA); Neuroimmunology Unit, Department of Clinical Neuroscience, Karolinska Institutet, Stockholm (Svezia); Neuroimmunology Unit, Department of Clinical Neuroscience, Karolinska Institutet, Stockholm (Svezia); Department of Clinical Neuroscience, Therapeutic Immune Design, Center for Molecular Medicine, Karolinska Institute, Stockholm (Svezia); Department of Neurology and Neurological Sciences, Beckman Center for Molecular Medicine, Stanford University School of Medicine, Stanford, CA (USA); Institute for Immunity, Transplantation, and Infection, Department of Medicine, Stanford University School of Medicine, Stanford, CA (USA); Unit of Occupational Medicine, Institute of Environmental Medicine, Karolinska Institutet, Stockholm (Svezia); The Geriatric Research, Education, and Clinical Center, Veterans Affairs Palo Alto Health Care System, Palo Alto, CA (USA).

A beneficio del lettore non specialista, si propone qui di seguito un’introduzione alla sclerosi multipla prevalentemente tratta da un articolo scritto dal nostro presidente in collaborazione con Diane Richmond[2] e da altri articoli più recenti[3]:

“Clinicamente la sclerosi multipla è distinta in 5 forme principali: la remittente-recidivante, che è la più frequente, la forma secondariamente progressiva, quella più rara che assume subito andamento progressivo, la forma acuta[4] e, infine, la sclerosi cerebrale diffusa[5]. Il sintomo iniziale in circa la metà dei pazienti è costituito da debolezza o torpore in un arto o due: all’esame neurologico spesso il paziente riferisce sintomi ad un solo arto ma si rilevano deficit, quali un Babinski positivo, anche nell’arto controlaterale. Sono avvertite parestesie e sensazioni di avere il tronco o un arto stretto da una fascia, verosimilmente per interessamento delle colonne posteriori del midollo spinale. L’esame dei riflessi tendinei inizialmente evidenzia ritardo di risposta che tende a mutare in iperattività. In generale, le manifestazioni sintomatologiche variano secondo un’ampia gamma di intensità, potendo essere sfumate o configurare vere e proprie paraparesi spastiche o atassiche. In vari casi l’emergenza clinica assume il profilo di una delle seguenti sindromi: 1) neurite ottica; 2) mielite trasversa; 3) atassia cerebellare; 4) sindromi del tronco encefalico (vertigine, disartria, diplopia, dolore o torpore faciale).

I dati su soggetti, etnie ed aree geografiche più colpite hanno costituito inizialmente un’indicazione orientativa per la ricerca sulle cause. La prevalenza maggiore è fra i Caucasici in aree con temperature medie annuali basse, ma la malattia, sia pure con una minima incidenza, è diagnosticata anche nei paesi tropicali. Fra i due sessi è maggiormente colpita la donna con un rapporto di 2:1 o 3:1[6]; le ragioni di questa differenza sono ancora sconosciute, ma il dato accomuna la sclerosi multipla a molte malattie autoimmuni[7].

Oggi, con stime epidemiologiche che superano i 2 milioni di persone affette in tutto il mondo e una prevalenza di 1:1000[8], non meraviglia che sia considerata la malattia neurologica più comune fra i giovani adulti[9]. In proposito, non possiamo dimenticare l’osservazione di Gilbert e Sadler che, dopo aver descritto cinque casi di studio autoptico nei quali sono state inaspettatamente scoperte le tipiche lesioni della sclerosi multipla in persone ritenute asintomatiche per tutta la vita, concludono che la reale incidenza potrebbe essere anche di tre volte maggiore di quella attualmente riconosciuta[10].

Eppure, fino agli anni Ottanta, ossia fino a quando sono stati introdotti criteri diagnostici e metodi basati sulla risonanza magnetica nucleare, in molti istituti neurologici la sclerosi multipla è stata considerata alla stregua di una malattia rara. È ragionevole supporre che una causa del basso numero di casi rilevati in quel periodo sia da ascriversi a falsi negativi e a numerosi casi mai giunti all’osservazione specialistica; tuttavia, non sono stati pochi i neurologi che hanno sospettato, probabilmente in relazione ad ipotesi eziologiche con un ruolo preponderante attribuito a fattori ambientali, che la malattia fosse rara in passato e si fosse verificato un effettivo e notevole incremento di persone colpite in epoca recente.

Ma, attingendo per informazioni a documenti di valore ormai storico, abbiamo conferma di una frequenza tutt’altro che bassa già nel passato, se con i limitatissimi mezzi diagnostici dell’Ottocento i neurologi edotti della sua esistenza hanno potuto lasciarci traccia di una discreta casistica[11].

All’inizio del diciannovesimo secolo la malattia, poi denominata dai neurologi britannici disseminated sclerosis e da quelli francesi sclérose en plaques, era già conosciuta, come si desume dalle accurate descrizioni pubblicate nel tempo da Carswell, da Cruveilhier e poi da Frerichs. È interessante notare che, solo dopo quel periodo, si ebbe l’interessamento da parte di Jean-Martin Charcot, in molte trattazioni indicato quale primo studioso di questa malattia. La ragione di tale attribuzione è tuttavia facile da comprendere, se si considera che il celebre chef de clinique della Salpêtrière che attrasse a Parigi il giovane Freud per i suoi studi sull’isteria, analizzò accuratamente ben 34 casi, definendo nel 1868 aspetti anatomopatologici e clinici mai rilevati in precedenza, e successivamente richiamò l’attenzione della comunità medica internazionale istituendo una fondazione per lo studio della malattia[12]. Un’altra ragione dell’oblio toccato agli studi dei neurologi che avevano preceduto Charcot è nella formulazione di ipotesi eziologiche erronee, talvolta elaborate secondo concezioni che ci appaiono anacronistiche. Ad esempio, Cruveilhier, nel suo saggio pubblicato intorno al 1835, ipotizzava all’origine della sclerosi multipla una soppressione della sudorazione.

Da quell’epoca lontana, si sono compiuti enormi progressi nella conoscenza dei processi patogenetici che portano dalle lesioni focali demielinizzanti, alla sezione degli assoni e alla perdita dei neuroni con i deficit neurologici delle fasi avanzate e delle forme progressive, ma quanto alle cause della sclerosi multipla sappiamo poco più di allora e, soprattutto, troppo poco in rapporto alla responsabilità che ricercatori e medici sentono di fronte ad una sofferenza che in un numero crescente di persone chiede di essere alleviata se non eliminata.

Numerosi dati suggeriscono l’influenza di fattori ambientali sulla possibilità di sviluppare la malattia[13]. Studi sui flussi migratori indicano che il rischio di ammalarsi di sclerosi multipla è maggiore in coloro che abbiano vissuto in aree ad alta prevalenza della patologia prima della pubertà. Altre osservazioni riportano dei picchi di incidenza in riferimento ad un determinato luogo o ad un periodo particolare, suggerendo l’importanza di una variabile temporale. Simili profili di distribuzione possono far pensare ad infezioni, a fattori nutrizionali o a tossicità chimica.

L’ipotesi seguita dalle più numerose e intense indagini sperimentali è stata quella virale, con studi condotti sui virus di Epstein-Barr, Herpes simplex 1 e 2, HHV6, Varicella zoster e altri agenti eziologici degli esantemi dell’infanzia. Gran parte dell’interesse per l’ipotesi virale è derivato dal rischio di encefalomielite acuta disseminata che segue infezioni virali e dalla prevalenza di sieropositività a virus come quello di Epstein-Barr nelle persone affette da sclerosi multipla.

Anche alcuni risultati di studi volti ad accertare il ruolo di fattori ambientali hanno contribuito a confermare l’importanza della ricerca sull’eziologia genetica, nonostante siano sempre mancate evidenze per una ereditarietà mendeliana[14]. La diversa prevalenza fra gruppi etnici e la già ricordata differenza nella concordanza fra gemelli monozigoti e gemelli dizigoti hanno costituito fattori determinanti. Più recentemente l’analisi estesa all’intero genoma del polimorfismo di singoli nucleotidi ha identificato numerosi loci genici associati ad accresciuto rischio di malattia nella popolazione generale[15]. Molti polimorfismi mappano geni o loci genici associati con la regolazione immunitaria. Una forte associazione rilevata qualche anno fa è quella con l’HLA-DRB1 sul cromosoma 6p21, che sembra dar conto del 16-60% di suscettibilità genetica allo sviluppo della malattia. Il prosieguo della ricerca sta identificando un numero sempre crescente di loci genici verosimilmente legati alla possibilità di sviluppare un disturbo neurologico clinicamente rilevante, pertanto l’opinione più seguita fra i genetisti è che, se si dimostrerà che la sclerosi multipla è in senso stretto una malattia genetica, sarà definita come un disturbo complesso nel quale molti geni polimorfici interagenti hanno una bassa penetranza ed esercitano un piccolo effetto sul rischio patologico complessivo[16][17].

Neda Sattarnezhad e colleghi avevano in precedenza descritto il mimetismo molecolare tra il fattore di trascrizione dell’EBV EBNA1 e tre proteine del sistema nervoso centrale umano: 1) anoctamina-2 (ANO2), 2) alfa-B cristallina (CRYAB), 3) molecola di adesione cellulare gliale (GlialCAM). Ora, i ricercatori hanno indagato le risposte anticorpali contro EBNA1 e GlialCAM in un grande campione di 650 pazienti affetti da sclerosi multipla e 661 volontari fungenti da controllo, e hanno comparato queste alle risposte contro CRYAB e ANO2.

La sperimentazione ha confermato che elevate risposte IgG contro EBNA1 e tutti e tre gli antigeni mimetici del sistema nervoso centrale sono associate ad alto rischio di sclerosi multipla. Esperimenti di blocco hanno confermato la presenza di anticorpi cross-reattivi e di mimetismo molecolare tra EBNA1 e GlialCAM, e le associate risposte anticorpali contro le regioni peptidiche adiacenti di GlialCAM suggeriscono una diffusione di epitopi.

Le risposte anticorpali contro EBNA1, GlialCAM, CRYAB e ANO2 sono elevate nei pazienti di sclerosi multipla portatori del principale allele di rischio HLA-DRB1*15:01, e combinazioni di HLA-DRB1*15:01 con anticorpi anti-EBNA1 e anti-GlialCAM accrescono il rischio significativamente con effetto sommatorio. Inoltre, la reattività anticorpale contro più di un peptide EBNA1 e più di una molecola mimetica del sistema nervoso centrale aumenta il rischio di malattia in modo significativo anche se modesto.

In conclusione, Sattarnezhad e colleghi dimostrano che il mimetismo molecolare tra EBNA1 e GlialCAM è probabilmente un importante meccanismo molecolare che contribuisce alla patologia della sclerosi multipla.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-15 marzo 2025

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] K. Bjornevik et al., Longitudinal analysis reveals high prevalence of Epstein-Barr virus associated with multiple sclerosis. Science 375, 296-301 2022.

[2] Note e Notizie 11-06-16 Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.

[3] Note e Notizie 20-04-24 Il ruolo di SCFA intestinali nella sclerosi multipla; Note e Notizie 20-04-24 Nella sclerosi multipla scoperti eventi di comunicazione fra cellule.

[4] Malattia di Marburg e sclerosi multipla tumefattiva.

[5] Malattia di Schilder e sclerosi concentrica di Balo.

[6]  Per la ratio 2:1, v. Bradl M. & Lassmann H., Multiple Sclerosis, in Neuroglia (Kettenmann & Ransom, eds), p. 785, Oxford University Press, New York (USA), 2013; per la ratio 3:1, v. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth Edition, p. 917, McGraw Hill, 2014.

[7] D’altra parte la demielinizzazione si associa a malattie autoimmuni, quali SLE, malattia di Sjogren e sindromi correlate.

[8] La prevalenza media di 1:1000 abitanti in Nord America ed Europa Centro-Settentrionale comprende stime come quelle di Mayr nel Minnesota di 177 casi per 100.000 (Olmstead County) e di 30/80 per 100.000 in Nord USA e Europa. Invece, nel meridione di USA ed Europa, la prevalenza è da 6 a 14 per 100.000. Nelle aree tropicali è rara con una prevalenza sempre inferiore all’unità per 100.000 abitanti (Cfr. Adams & Victor’s, p. 917, McGrawHill, 2014).

[9] Spesso diagnosticata fra i 20 e i 40 anni: si vedano le righe introduttive in Note e Notizie 06-02-16 Nella sclerosi multipla un sorprendente comportamento delle cellule NK; Cfr. Bradl M. & Lassmann H., Multiple Sclerosis, in Neuroglia (Kettenmann & Ransom, eds), p. 785, Oxford University Press, New York (USA), 2013.

[10] Cfr. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth Edition, p. 917, McGraw Hill, 2014.

[11] Compston A., Lassmann H., McDonald I., The history of multiple sclerosis, pp. 69-112 in McAlpine’s Multiple Sclerosis 4th ed. Churchill Livingstone, New York 2006.

[12] Questa iniziativa, a un secolo di distanza, ispirò Rita Levi-Montalcini per la costituzione dell’AISM.

[13] Compston A. & Cole A. Multiple Sclerosis. Lancet 372, 1502-1517, 2008. Cfr. Staugaitis S. M. & Trapp B. D., Diseases Involving Myelin, pp. 691-704 in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price), AP, Elsevier, 2012.

[14] V. nota 10.

[15] Cfr. Australia and New Zealand Multiple Sclerosis Genetics Consortium (ANZgene), 2009; De Jager et al. Nature 41, 776-782, 2009.

[16] Staugaitis S. M. & Trapp B. D., op. cit., p. 696.

[17] Note e Notizie 11-06-16 Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.